Io voglio essere Me.

Quante volte ti è capitato che qualcunə ti dicesse «So io come sei»?

Non posso immaginare le miriadi di occasioni in cui quest’affermazione sia stata ripetuta nella tua esistenza, ma è una
frase che risuona spesso e volentieri tra le pareti della bocca di molt3.
La donano senza comprenderne il vero significato, lasciandola fuoriuscire pur non rendendosi conto di creare ferite e cicatrici indelebili che potrebbero condizionare i nostri passi.

Ma dovrà, per Te, esistere un momento dove queste saranno abbandonate per poter gioire della bellezza di Essere te stessə.

Ma facciamo un passo a ritroso e raggiungiamo Insieme delle consapevolezze, provando ad affrontare una frase che pesa.
La mia e le vostre storie, infatti, hanno in comune quell’ “Essere Fatiscente“, quindi quel qualcunə che si sente in diritto di dire che Tu sia qualcun altrə, donando giudizi e pareri senza carpire la tua emotività e i tuoi sentimenti, perché si potrebbe basare, — anche inconsciamente — , su convezioni sociali, sulla propria sfera personale, sui propri desideri tralasciando la persona a cui si sta rivolgendo, come se stesse dialogando con il proprio riflesso.
Quindi, inizia a modellare burattini immaginari nella propria mente, dove tende a stringerci dei fili intorno ai polsi e alle caviglie, con tanto di fiocco e nastri colorati, immaginando di scrivere, per noi, di una vita in cui esiste il “c’era una volta” e tutte le famose “scelte giuste”.

Ma la vita vera non è un teatro in cui si scrivono battute e dialoghi da interpretare.
E per quanto le pareti di quell’illustre mondo creato
siano accoglienti e protettive, ci si appassisce, perché non si vive davvero.
Saremmo tutto all’infuori che noi, dove dobbiamo tenere ben salda la lista di “regole immaginarie” per non rendere scontentə nessunə.
Ma, e spero che tu convenga con me, che se anche le seguissimo, fondamentalmente, qualcunə troverà sempre un modo per alzare il dito e sgridarci.
Ragion per cui, troviamo il modo per renderci in primis noi orgoglios3.

E sappi che prima o poi, tra “L’Essere e il percepito” smetterai di ascoltare il brusio perché comprenderai che per quanto tutt3 si sentiranno e si sentono in diritto di dirti come sei, quel che ti deve piacere, ciò che devi essere, quel che devi avere, la tua Esistenza di appartiene.

So che è difficile sopportarlo.
Ma ci riuscirai.
Perché, chi sa realmente chi o cosa sei?
Nessuno, poiché in verità siamo “Uno, nessuno e centomila”.

Luigi Pirandello, dal suo romanzo del 1926, ancora oggi ci insegna – attraverso la storia di Vitangelo Moscarda – il segreto del “ Vivere bene”, dove bisogna accettare che “l’Io percepito” lo scopriamo ogni giorno noi nella sua forma mutevole e nella sua complessità, dove ognunə, oltre il proprio corpo e anima, lo (ri)conosce come desidera.
L’interpretazione è alla mercé di molt3, perché nei loro racconti noi saremo burattini a cui doneranno un nome, su cui creeranno storie, vicissitudini, bugie, gossip e beltà, ma nella realtà, nell’involucro in cui risiediamo e risiedi, ci sei Tu e ogni giorno ti esplori.
Ogni giorno comprendi chi vuoi essere, chi amare e chi vorresti essere, come disfarti e (ri)costruirti, quanto l’incoerenza metta in dubbio le tue certezze, quanto desideri imparare e conoscerti e così via.
Ma l’affermazione da cui siamo partit3, affilata come un tagliente, molt3 la donano con una facilità disarmante, senza comprendere il suo peso, creando barriere e muri insormontabili.
Quindi sta a Te (e a Noi), lasciare andare.

Prenditi cura della tua straordinaria, mutevole, imprevedibile e sconosciuta bellezza dell’Essere.

E per quanto “Loro” non siano giustificabili, possiamo imparare a donare loro la nostra visione e far ascoltare la nostra Voce.
Ma se anche questa speranza dovesse venir meno, lascia andare.
E combatti per Te.

Perciò oggi sono qui per ricordarti che tutt3 hanno aspettative su di noi.
Eppure siamo ben altro.
Fin da piccol3 siamo portat3 a scegliere e ad ascoltare consigli, desideri (delle volte espressi duramente), fino a ritrovarci a dover lottare per quel che desideriamo e per quel che vogliamo.
Ma se solo pensassimo che alla nostra tenera età esistono solo i mestieri più conosciuti dove puoi ambire a divenire dottorə, architettə, archeologə, carabinierə, insegnante e così via, contandoli praticamente sulle dita — lavori formidabili ma a cui non tutt3 ambiscono. Quindi, Essere “Altro” è essere divers3.

La diversità che poi non è altro che Unicità, ma fa paura.

E allora, quando si cresce, chi ti ha circondatə e ti circonda gremendo la tua esistenza, crede di sapere chi sei, e se desideri cambiare strada o strade sei “confusə”.
Questa privazione di scelta conduce alla repressione del Sé sino a dimenticarlo, arrivando a un capolinea dove si hanno molteplici rimpianti.
Ciò è sbagliato. Totalmente sbagliato.
Quindi abbandona questo pensiero e questo cammino.

Sovverti la realtà e vivi di quel che desideri rendendo la frase Io voglio essere Me un mantra da tenere ben stretto e da custodire con cura.

Non devi vivere delle scelte imposte e in quel che “rende felici e non delus3 l3 altr3″.
Osa per vivere.
Prova a credere in Te.
Credere in Noi.
(Af)fida(r)ti.
E per quanto intimorisca tutto ciò, e dirlo è molto più facile che agire, sappi che non bisogna più vivere nel timore di Essere e di un tempo che non ci insegnano mai a capire che è solo nostro.
Per quel che valga,

Io credo in Te.
Nella tua unicità.

Nelle tue scelte. 
Nei tuoi sogni.


Credo in Noi
.

Provaci anche Tu.
È un salto complesso ma so che puoi farcela.
E sai qual è la cosa più bella e disarmante allo stesso tempo? 
Che me l’hai insegnato Tu. 
Voi.

Vivi.
Vivete.

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